2009/12/16

Entrò in una tabaccheria cercando di tenere la testa bassa, comprò della carta da lettere, una biro ed un francobollo; appoggiato ad una piccola mensola scrisse all’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo: “L’antica profezia, quella incaratteri gotici su quel libro della biblioteca di Ruth Mandera si è avverata ed io tremo di paura; non voglio essere cacciato da casa mia, insultato, deriso, non voglio che si parli male di me o sottovoce borbottando quando passo. La Mandera stessa aveva dato segni di volersi confidare e liberare dopo che si era inebriata col suo stesso assaggio di foglie di Berberis apparentemente così innocente; ma non lo fece per quanto ne sappia; non solo, lei avrà notato quel ragazzo forzoso che disegnava ai piedi dell’albero cotogno,  il contrasto tra la possanza del suo corpo da boscaiolo del Vermont ed il tratto leggero della sua Staedtler quando  sfiorava il Fabriano4? Ricorda, chiesi cosa stesse facendo? Ricorda come la Mandera fosse stata evasiva roteando leggermente gli occhi verso il cielo, inspiegabilmente chiudeva le palpebre e faceva schioccare le dita (pollice e mignolo della mano destra)?   Ebbene, dopo che il gruppo di visitatori  si fu allontanato affondando lievemente i piedi imbabbucciati di carta velina bianca sotto agli alberelli di Crataegus, ho raggiunto il disegnatore alle spalle: non disegnava mele cotogne ma tracce di un labirinto attraverso il quale si poteva afferire ad un passaggio segreto che portava alla biblioteca personale della Mandera, una porta sul tronco con incise le iniziali R.M. lo confermava, sì, a tutta prima sembrava un albero di mele cotogne, ma, se si osservava più attentamente,  il tronco era il corridoio principale sotterraneo e i rami i vari passaggi minori che da esso si dipartivano. Ho fotografato il disegno, ricorda? l’ultima foto del rullino…ma  non posso continuare, le forze estreme si sono scatenate. Forse non mi resta che aspettare e sperare, c’è un’ultima possibilità di fermare il disastro, che durante questa notte eh,..badi bene,..solo durante questa notte si possa guadagnare un’ora di tempo! Se ciò per qualsiasi motivo non fosse possibile, sarà la fine e, se così sarà, mi raccomando a lei , forse un rifugio
segretissimo esiste ancora nelle viscere della terra e se c’è, so che lei lo conosce…addio, solo se la notte ci sarà propizia ci potremo risentire.  Sportini”. E’ chiaro che una lettera simile non poteva che essere oscura, lui sapeva di stare male, sapeva di aver cambiato colore della pelle, sapeva che i suoi vicini lo volevano fuori dal condominio e che in quel momento l’unica cosa che gli era chiara era la volontà di scomparire per sempre e non pensarci più. Scrisse a tratti tremanti un indirizzo e imbucò la missiva, poi, rasente i muri si diresse verso casa favorito dall’oscurità. Nell’atrio e per le scale non incontrò anima viva e, finalmente, dopo ore, riuscì a raggiungere il suo appartamento lassù in alto sui tetti della città. Quando riuscì a chiudere la porta alle sue spalle, si spogliò al buio e si gettò nel letto. Mentre si addormentava intontito dal freddo e dalla stanchezza patiti pensò che stava sognando, che quello che aveva vissuto era stato un incubo e che l’indomani al risveglio, con una buona tazza di caffè tutto sarebbe tornato come prima. La notte fu ricca di sogni. Alle prime luci dell’alba quando il chiarore trapelava dalla saracinesca appena socchiusa, un intenso aroma di caffè lo raggiunse quando ancora ad occhi chiusi si stava chiedendo cosa ci facesse a letto vestito con la testa dalla parte dei piedi, ma, ancora di più, cosa ci facessero davanti ai suoi occhi le gambe della donna del tenente francese: ne seguì la linea a partire dalla punta delle scarpe di diverso colore oltre le ginocchia e la vestaglia viola e su ancora; lei si abbassò con studiata lentezza verso di lui -signor Sportini, prenda una tazza di buon caffè, le farà bene, non ha mangiato niente ieri sera!- La sua voce melodiosa lo aveva svegliato del tutto ma lo lasciò navigare sopra un fiume leggero.

2009/12/13

Era veramente una situazione imbarazzante, pensava  “cosa ci faccio io qui per terra?” anche se continuava a dire “grazie” senza sapere perchè. Eppure quei volti scuri affacciati su di lui non avevano l’aria di dire “non ci deve ringraziare, dovere”, anzi, erano terribilmente corrucciati, addirittura schifati, ecco. Lui, schiacciato da una sensazione di paura a vedere quegli sguardi anche un pò troppo minacciosi, a dir la verità, continuò così a dire solo “grazie, grazie” sperando, appunto, di ingraziarseli; la sua posizione fisica non permetteva altro. Ad un certo punto il sig. Avvento gli chiese se ce la faceva ad alzarsi, lui disse, certo e ci provò ma una vertigine  lo riportò a terra, posizione più sicura; a quel punto si sentì trascinare per i piedi dal pianerottolo verso l’appartamento di qualcuno, erano le scarpe rossa e verde della donna del tenente francese che lo trascinavano. La donna continuò a trascinarlo sul pavimento, lo portò in un salotto e cercò con non pochi sforzi di radrizzarlo sul torace facendolo appoggiare al divano. Finalmente in quella posizione più umana cominciò a ragionare, stava cercando di parlare ma lo interruppe “meno male che l’ho preso in casa Sportini, stava per essere eliminato, lo sa?”,  “ma cosa sta dicendo?” lui sgranò gli occhi “se si vedesse signor Sportini, capirebbe anche perchè”. Gli porse uno specchio e l’uomo si spaventò talmente tanto che il suo cuore cominciò a battere forsennatamente, credette di morire! Era proprio una faccia da..negro. “ma che scherzo è questo, per favore, signorina, abbia pazienza almeno un pò di rispetto per l’età”. Lei sembrava decisa ad andare fino in fondo “senta, Sportini, lei è in pericolo, bisogna che se ne vada da questa casa, lei non ha visto come la guardavano”, “non ci penso nenche, abito qui da più di quarant’anni, anzi sono stato il primo di tutti voi ad abitarla, siete arrivati tutti dopo, cosa volete, il mio appartamento perchè sono pensionato? La mia pensione? E poi la smetta con sti scherzi idioti, adesso me ne vado”, si alzò con un pò di fatica, si sentiva debole ma riuscì ad avvicinarsi alla porta; dal pianerottolo sentì il vociare agitato di qualcuno dai piani sottostanti, chiamò l’ascensore ma si ricordò all’improvviso di tutto quello che era successo, lasciò andare la porta e si decise a fare le scale a piedi, ancora tre piani per raggiungere il suo bell’appartamento sui tetti della città che tutti gli invidiavano.  Fu molto faticoso fare quelle scale, primo perchè non era abituato, secondo per la loro estrema scivolosità, erano tirate a cera dalla signora Caterina “accidenti a lei” . Quando finalmente riuscì a raggiungere la sua porta la trovò incerottata di nero con la scritta “NEGRO” e in piccolo con un pennarello “SPARISI MALGASIO”. Sportini era un pignolo e, anzichè soffermarsi sul “negro” si chiede cosa volesse significare quel “sparisi malgasio” in stampatello. Cercò le chiavi ripetendosi “sparisi, sparisi, boh!” e quando finalmente si trovò in casa, si lasciò andare sul divano. Aveva fatto tutta la vita l’impiegato del catasto, mai niente da dire su di lui, non una parola e adesso quelle strane espressioni sull’uscio di casa lo inquietavano, oltre alle parole della donna del tenente francese, ovviamente. Decise che sarebbe uscito di casa a respirare una buona boccata d’aria, si avviò sicuro al bagno e, di colpo quella faccia marroncina lo bloccò a bocca aperta, un  “oddio, che orrore” uscì dalle sue labbra guardandosi allo specchio. Dunque allora cominciò a ricollegare i fatti: la sua vita era cambiata da quando era stato bloccato su quel maledetto ascensore e aveva respirato forzatamente quell’odore acre di vernice velenosa marrone; qualcosa in lui doveva essere mutato ed ora aveva cambiato colore della faccia e connotati, anche le mani e le braccia avevano un colore diverso, ma non così intenso come quello del viso.  Decise di uscire a respirare aria fresca pulita, per quanto pulita potesse esser l’aria di città,  scivolando giù per le scale incontrò il signor Desio Avvento che fece finta di non conoscerlo.

2009/12/10

Lo trovarono esanime, solo un flebile respiro dalle narici che si dilatavano, senza ritmo -fate largo, fate piano, tiratelo fuori- ma lui non capiva tutto quel vociare insistente che gli giungeva da lontano. Era notte fonda ormai e si stava lasciando trasportare da sogni di giorni di sole. Appena riuscirono a tirarlo fuori dall’ascensore trascinandolo per i piedi, lo sdraiarono a terra sul pianerottolo lucidato a cera dalla signora Caterina, una che di nascosto ogni tanto esce dal suo appartamento e va a pulire tutto quello che vede. Così spatasciato sembrava un grande insetto opaco in mezzo al marmo lucido splendente. Attorno a lui una piccola folla di curiosi, l’uomo maschera, cioè il signor Stoppo dall’espressione immobile, la donna del tenente francese in camicia da notte con una scarpa rossa e una verde, l’uomo dal grande sorriso, un piccolo spaccato di umanità accorsa per assistere ad uno spettacolo cui raramente era dato di partecipare finalmente e in prima persona. Qualcuno gli gettò addosso dell’acqua fredda, qualcun altro cercò di sciogliere il nodo della sciarpa che lo strangolava. -come sta signor Sportini? Va meglio? Ha visto che ce l’abbiamo fatta?- ma la piccola folla, più che incuriosita, cominciò a guardarlo con sospetto quando si accorse che il suo viso stava cambiando colore: da grigio cera era diventato giallino canarino e poi ha cominciato a scurirsi virando verso l’arancio e poi un ocra denso per spostarsi decisamente verso un colore abbronzato. Sì, abbronzato. Qualcuno lo disse anche che Sportini era abbronzato e qualcuno ci rise sopra, memore di un’ espressione simile già udita, ma tutti  cominciarono a preoccuparsi quando si accorsero che  il signor Sportini oltre che cominciare velocemente a scurirsi, stava cambiando i connotati: da caucasico a..non si capiva bene cosa fosse uscito da quel malefico ascensore. Assistettero inermi alla metaforfosi inquietante cominciando ad avvertire un sottile timore: ma chi avrebbe mai potuto immaginare che nell’ultimo terzo  della vita, quando uno non deve far altro che godersi la pensione e stare in salute,  potrebbe  capitargli una cosa del genere, e, per di più, in una città a forte connotazione tradizionale, diciamo così, e, ancora peggio, in un condominio il cui amministratore ogni anno faceva lavare le fosse settiche con l’acqua benedetta del padre Po, il grande fiume patria di tutti loro. Ma non più del signor Sportini, ormai, ahinoi! E come avrebbero potuto fare adesso, quale sarebbe stato il comportamento più congruo da tenere con un alieno di quel genere? Perchè era ovvio che non potevano più considerarlo uno di loro. Qualcuno pensò di indire subito una assemblea straordinaria per decidere cosa farsene di quel mostro il cui colore stonava col bejge dichiarato di tutto il condominio; pensarono persino che in realtà si fosse sempre travestito da uno di loro e la stanchezza, la paura, il caldo e l’avvelenamento da vernice ne avesse scoperchiato il segreto rendendolo palese davanti a tutti. Improvvisamente tutti gli atti di gentilezza che egli, nel corso di lunghi anni, aveva elargito ai suoi vicini di casa furono considerati interessati a farsi accettare, persino i soldi che aveva prestato al signor Avvento andavano interpretati come un tentativo di corruzione bell’e buono, così come i pomeriggi trascorsi al capezzale della signora Assunta, la madre dell’avvocato Alzano, a leggerle il giornale, furono visti come evidentii aspetti del tentacolare essere di ingraziarsi la vecchia, stordirla con tutte quelle parole fumose e magari di farle firmare qualche carta, alla faccia del figlio che la teneva d’occhio come un segugio affamato; la donna era la principale fonte di sostentamento di quel  figlio che  ne dilapidava sistematicamente le sostanze diluendo le sue alte parcelle ogni notte con allegre donnine nei night della zona. La Lombardotti, donna di cultura e di salde radici celtiche, guardandolo con attenzione dichiarò senza alcuna esitazione:-è un malgascio! Non c’è ombra di dubbio!- e gli altri, in coro -e adesso?-. Adesso aspettiamo che si riprenda, non siamo mica animali noi,  e poi fuori. Sportini, nel frattempo, cominciò a sbattere le palpebre  velocemente e ripeteva continuamente-grazie!-

Benvenuti!

2009/12/09

Notte  a tutti quelli che mi leggono. Sarà un piccolo o un lungo viaggio questo, si vedrà.  Saranno messaggi lanciati nell’aria, il divertimento è sapere che forse qualcuno li raccoglierà in maniera assolutamente casuale, si fa per dire, il divertimento sarà anche sapere di cosa ci dovremo rallegrare o rammaricare.  Parlerò a giovani tormentati o insolentemente felici, a donne annebbiate da impegni gravosi o pronte a lanciarsi senza pesi verso la vita che hanno sognato, a uomini incantati o delusi o ancora rampanti, a vecchi  soli e tristi o gonfi di saggezza da cui attingerò a piene mani. Racconterò le cose della gente, di noi tutti, racconterò la vita che vedo. Stasera una persona è rimasta bloccata nell’ascensore del condominio dove abita; la sua porta non era stata bloccata, nè era stato segnalato il guasto; avevano appena verniciato le porte di ferro; la persona, dopo pochi secondi di salita si è vista intrappolare in pochi metri cubi d’aria. Ha premuto il tasto della suoneria che però non suonava, lo ha premuto più volte, niente; allora ha pensato “adesso telefono a casa così qualcuno da fuori mi verrà ad aprire” ma il cellulare vecchio modello non aveva campo e dopo pochi secondi si spegneva la chiamata. Ha cercato di aprire le porte interne, come una molla rientravano in posizione e faceva fatica e poi a cosa serviva, la prima porta, quella appena verniciata,  emanava un odore intensissimo di vernice; ha cominciato a pensare di sentirsi in trappola, ma solo per un attimo, poi è stato ad ascoltare se qualcuno passasse da quelle parti; per parecchio tempo non è passato nessuno, ha cominciato a pensare che si sarebbe intossicato i polmoni, quell’odore di vernice gli impregnava le narici. Poi ecco, delle voci, allora ha aperto la porta interna che cedeva con fatica alla sua spinta, ha detto -ehi, c’è qualcuno? Sono intrappolato nell’ascensore, cercate le chiavi per aprirlo!- dall’altra parte le voci gli risposero sollecite, -andiamo subito a cercare la chiave- e si sono allontanati, l’ambiente cominciava ad essere caldo e la certezza di respirare veleno cominciava ad annebbiargli la mente, che venissero presto a liberarlo! Dopo almeno dieci minuti in cui seppe aspettare tranquillo cercando di controllare un vortice di pensieri di angoscia, arrivò un altro drappello di persone che gli dissero che avrebbero telefonato a quelli della manutenzione dell’ascensore, poi di nuovo il silenzio e quell’odore che raschiava la gola. Quando tornarono gli dissero che dopo le 20.00 di sera bisognava chiamare i vigili del fuoco quelli della manutenzione non si sarebbero certo mossi. “E che lo facciano, accidenti, accidentaccio, maledizione, non ce la faccio più a respirare, che cosa aspettano”. Dopo altri dieci minuti una voce dall’altra parte gli disse “adesso la tiriamo fuori, cominci a stare tranquillo, si sentirà muovere l’ascensore” e così fu, per pochi minuti l’ascensore si mosse e quando si fermò finalmente sollevato provò ad aprire la porta interna spingendola a fatica: davanti a lui il muro. Allora gridò “aiuto, aiutoo! Sono in trappola, vi prego, tiratemi fuori di qui”, ma dall’altra parte nessun rumore. La sua faccia era terrea, lo specchio la illuminò mentre si fissava gli occhi spalancati, respirava con la bocca semiaperta finchè la luce non si spense. Cominciò a sudare e a strapparsi di dosso la sciarpa che gli avvolgeva ancora il collo, poi slacciò il collo della camicia, poi si lasciò scivolare con la schiena alla parete e stette così seduto chissà, forse per altri trenta? Quarantaminuti? Poi si sentì come quando è completamente buio nella tua stanza e anche se non chiudi gli occhi è come se li avessi chiusi e ti viene da aprire la bocca, come se dovessi per forza respirare a bocca aperta perchè non respiri più guardando con i tuoi stessi occhi; così, quando smise di cercare di vedere il buio, rinunciò a sperare e li chiuse definitivamente. Anche adesso  tutto sembra oscuro, tu puoi decidere di continuare a scrutare dentro al tuo stesso buio scintille o lasciarti andare e salutare! Notteeee!